Maternità e paternità, tappe essenziali della vita, non sempre sono un’esperienza lineare. Cosa succede nella mente del genitore quando un processo naturale come la nascita di un bambino si interrompe inaspettatamente?
Con il termine “prenatale” si fa riferimento al lutto legato alla perdita del bambino durante tutta la gravidanza.
Il lutto “perinatale” è, nello specifico, la perdita del bambino nella seconda metà della gravidanza e nelle settimane successive alla nascita: nella definizione estesa di lutto perinatale è compresa anche la morte del bambino entro i primi 28 giorni di vita (morte neonatale tardiva).
L’intensità del lutto prenatale non è tanto correlata all’età gestazionale, né alla presenza di patologie fetali o di incompatibilità con la vita, quanto piuttosto al grado di investimento affettivo della coppia genitoriale.
L’età del bambino non ha quindi alcuna importanza per stabilire l’entità della perdita, ma la differenza sta nell’instaurarsi della relazione di attaccamento. Il rapporto con un figlio e il legame di attaccamento non iniziano al momento della nascita ma germogliano molto prima e questo è ancor più vero per la madre, che di quel bambino durante la gravidanza diventa custode e culla. Quando tutto questo termina all’improvviso i genitori si trovano a vivere un’esperienza di dolore totale che difficilmente può essere compresa da chi non ha attraversato la stessa sorte.
È stato condotto un progetto pilota di sorveglianza della mortalità perinatale, coordinato dall’Istituto superiore di sanità e finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero della salute.
I dati raccolti dal 2017 al 2019 hanno permesso di confermare il tasso di mortalità perinatale prodotto dall’ISTAT, pari a circa 4 decessi ogni 1000 nati, valore che ci colloca in linea con Paesi, come la Francia e il Regno Unito, che hanno sistemi socio-sanitari analoghi al nostro. I dati evidenziano una variabilità per area geografica che penalizza il Sud del Paese.
Le fasi del lutto prenatale
La perdita di un figlio può essere annoverata tra le esperienze più traumatiche nella vita di una persona, un’esperienza mentalmente e fisicamente devastante, capace di mettere in crisi le convinzioni più profonde, la visione della vita, le relazioni affettive e il senso e l’immagine di sé.
Quando viene a mancare un bambino non ancora nato o appena dato alla luce, si attivano diversi vissuti emotivi che caratterizzano le diverse fasi del lutto (Ravaldi, 2009).
Le fasi del lutto prenatale sono:
Shock caratterizza i primi giorni dopo aver ricevuto la notizia della perdita; le emozioni più comuni sono stordimento, incredulità e negazione;
Realizzazione è la fase in cui emerge la consapevolezza della perdita e si comincia a prendere contatto con l’esperienza del dolore. È in questa fase che compare il senso di colpa associato al pensiero che qualcosa poteva essere fatto per evitare la perdita;
Protesta compare l’emozione della rabbia. In questa fase si possono ricercare delle colpe e responsabilità all’esterno, nei medici e nel contesto ospedaliero;
Disorganizzazione in questa fase spesso compaiono depressione e tendenza all’isolamento; si tende anche a evitare alcune situazioni legate alla genitorialità: si pensa che sia meglio non parlare dell’evento fino a far finta con gli altri che nulla sia successo. A volte, l’isolamento può essere messo in atto anche nei confronti del partner, soprattutto se i due genitori vivono il dolore in modo differente;
Riorganizzazione e accettazione è la fase in cui la sofferenza comincia ad attenuarsi, la ricerca della solitudine e l’evitamento si riducono ed è possibile che ricompaia il desiderio di maternità.
Questa perdita è un’esperienza drammatica, che presenta tutti gli aspetti del normale processo del lutto, ma con alcune differenze: il lutto perinatale è un evento biologicamente inaspettato e dunque particolarmente inspiegabile da un punto di vista emotivo; è innaturale, poiché solitamente sono i figli che sopravvivono ai genitori, generando quindi un rovesciamento dell’ordine naturale degli eventi.
Le conseguenze psicologiche del lutto perinatale
La perdita di un bambino durante la gravidanza o subito dopo la nascita rappresenta un’esperienza traumatica di grave entità, che può determinare nella coppia un alto rischio di insorgenza di lutto complicato o di un disturbo psichiatrico.
È esperienza comune delle coppie genitoriali in lutto, vivere una profonda rottura tra il “prima” (la vita in divenire) e un “dopo” (la morte del figlio atteso).
Con la perdita del figlio atteso, i genitori vivono un’esperienza di rottura del percorso genitoriale poiché viene meno l’oggetto d’amore tanto fantasticato, già profondamente parte del loro vissuto.
Nel primo periodo successivo al lutto prenatale, i genitori sono spesso infastiditi da tutto ciò che ha a che fare con la genitorialità e possono mettere in atto condotte di evitamento per gestire il dolore della loro perdita, come tenersi lontani dai neonati, evitare coppie con figli piccoli o le donne in gravidanza.
Le emozioni di fastidio, dolore, rabbia e invidia fanno parte del normale processo di elaborazione della perdita e sono collegati a pensieri automatici come: “Perché è accaduto proprio a me?” “Perché lei che è una cattiva madre ha dei figli e io no?”
In particolar modo le madri non vivono solo l’esperienza del lutto ma anche una profonda ferita esistenziale, che può far generare pensieri di incapacità a generare una vita e di senso di colpa dovuto al non essere state in grado di proteggere il proprio bambino.
Questo tipo di ruminazione, pensiero ripetitivo e negativo focalizzato sul proprio malessere emotivo finalizzato a comprenderne cause e conseguenze, sarebbe maggiore nelle madri che vivono la gravidanza come momento di realizzazione della propria esistenza.
I disturbi maggiormente collegati a reazioni di dolore in risposta alla perdita perinatale secondo Kersting & Wagner (2012) sono:
Depressione
Disturbi d’ansia
Disturbo da stress post-traumatico
Disturbo somatoforme
Come elaborare la perdita di un figlio
La mente possiede capacità straordinarie di autoguarigione dal dolore e la presenza preziosa delle persone care in molti casi è sufficiente per aiutare la coppia ad approdare pian piano ad una condizione di accettazione, che in molti casi può anche riaprire il cuore e lo sguardo verso il desiderio di un altro figlio. Ma è importante che a ciascuno venga lasciata la possibilità di indicare qual è la modalità che sente migliore per sé in quel momento. Elaborare un lutto di questo tipo non significa in alcun modo dimenticare il bambino scomparso, ma imparare a collocarlo nel posto giusto della propria storia personale e familiare senza rimanere nell’attesa del suo ritorno, imparando ad utilizzare i ricordi per restituire dignità e memoria a quella vita interrotta in maniera così prematura.
E quando ci si rende conto che gli affetti non bastano, occorre sapere di poter fare affidamento sui gruppi di auto-mutuo-aiuto, in cui confrontarsi con chi ben conosce il sapore di quelle lacrime, oppure ricorrendo a professionisti specializzati nel supporto al lutto, che possano accompagnare i genitori e la famiglia per un tratto del loro cammino, aiutandoli ad integrare la perdita con un possibile sguardo sul futuro.
Questo articolo vuole essere informativo e non uno strumento di autodiagnosi, se ti senti in difficoltà su qualche aspetto non esitare a contattarmi, rifletteremo insieme su quale potrebbe essere la strada più adatta a te.
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